Cinema in circolo

Unione Operaia di Colonnata
Associazione Anèmic
Istituto Ernesto de Martino
SestoIdee

presentano

Cinema in circolo

8 febbraio – 31 maggio 2007
Cinema Teatro “Il Quartuccio”
Unione Operaia di Colonnata
Piazza Rapisardi 6, Sesto Fiorentino

Inizio proiezioni ore 21
Biglietti: 3 euro
Tessera: 5 ingressi 10 euro
Ingresso riservato ai soci ARCI

Giovedì 8 febbraio
Alla presenza dei registi Fabrizio Nucci e Bruno Santini
SULLE ROTTE DI BERLINGUER TI VOGLIO BENE
Reg. Fabrizio Nucci, Bruno Santini; Italia 2006; col.; 60’

A distanza di 30 anni Fabrizio Nucci e Bruno Santini tornano sulle “rotte” del film e rivisitando insieme allo stesso Bertolucci e ad alcuni interpreti (Carlo Monni, Sergio Forconi) le “location” più rappresentative che ospitarono i set (tutti toscani) del film, nasce un’attenta disanima di quello che è stato il passaggio del tempo e la constatazione dell’inevitabile evolversi dei costumi e degli eventi, passando attraverso il paesaggio delle case del popolo. “Quello di Berlinguer ti voglio bene – dice Bertolucci – era un paesaggio indefinibile, non era più campagna e non era ancora area industriale per cui riassumeva in pieno le contraddizioni di quell’epoca di transizione che volevamo raccontare”. A impreziosire il tutto, alcuni interventi del produttore Gianni Minervini che svelano retroscena curiosi sulla sua genesi e realizzazione. Il documentario è promosso dal Comune di Campi Bisenzio e dalla Provincia di Firenze con il contributo della Regione Toscana.

BERLINGUER TI VOGLIO BENE
Reg. Giuseppe Bertolucci; con Roberto Benigni, Alida Valli,
Carlo Monni, Mario Pachi, Sergio Forconi; Italia 1977; col.; 90’

“Noi siamo quella razza che non sta troppo bene / Che di giorno sarta i fossi e la sera le cene…”. Su una polverosa stradina di campagna, una sgangherata bicicletta si avvicina alla macchina da presa. Carlo Monni faticosamente pedala e declama questa amara poesia mentre seduto in canna c’è Roberto Benigni, ovvero il “Monna” e Cioni Mario. Il film diretto da Giuseppe Bertolucci spiazza pubblico (che lo snobba) e critica (che non sa come prenderlo). Troppo in anticipo sui tempi, come lo è la “comicità” greve e surreale, selvaggia e krausiana, torrentizia e proustiana di Benigni, per essere “capito”. Diventato film culto è in realtà un capolavoro di eccentricità futurista, di sminamento del sottotesto sociale politico religioso e del sottofondo esistenziale emotivo sentimentale, che dice molte cose sulla vita e sul cinema della vita, entrambi destinati a morte imminente. Le “eruzioni” verbali di Benigni & C. furono fissate in una cornice artistica che fraseggia col cinema, il cabaret, scavo nella psicologia di adolescenti con difficoltà di crescita, collage di monologhi e situazioni paradossali, commedia di costume, satira politica, collezione di miti e speranze dietro la facciata del turpiloquio. Ma anche una storia di solitudine a cui l’ironia ha conferito lo status di “punto di partenza” della nuova comicità toscana.

Giovedì 15 febbraio
Alla presenza di Mario Simondi e Alberto Lastrucci del Festival dei popoli
BABOOSKA
Reg. Tizza Covi, Rainer Frimmel;
Italia/Austria 2005; col., 35mm, 100’ – italiano

Un anno con Babooska, una giovane acrobata in viaggio con il circo Floriciccio. L’odissea nelle province italiane di uno spettacolo itinerante a conduzione famigliare. Episodi di lotta per la sopravvivenza dei nomadi moderni; la condizione umana dell’essere per la via, tra i dubbi e la speranza che la vita si presenti sempre come “un circo moderno, ben riscaldato” e pieno di spettatori. Vincitore del Concorso Italiano della 47esima edizione del Festival dei Popoli.

Giovedì 22 febbraio
Alla presenza del regista Corso Salani
CONFINI D’EUROPA – CEUTA E GIBILTERRA
Reg. Corso Salani; Italia 2006; 56’

Nel progetto Confini d’Europa, Corso Salani sceglie di raccontare un’Europa ai margini: luoghi in cui ancora si raccolgono aspre tensione politiche e sociali. In Ceuta e Gibilterra è indagata una zona in cui sono ancora presenti problemi politici irrisolvibili, rivendicazioni territoriali, ritorsioni economiche, perfino minacce d’interventi armati. Se Gibilterra fa riferimento alla lontana Inghilterra pur essendo in territorio spagnolo, alla Spagna appartiene, al di là dello Stretto, in continente africano, la città di Ceuta, interamente circondata dal Marocco. In Rio de Onor viene invece mostrato un Portogallo pieno di contraddizioni e di squilibri, oscillante fra la ricchezza dell’occidente e una miseria che appare lontana dall’essere sconfitta. Nel nord del paese, nascoste ed isolate fra le montagne, rimangono valli dimenticate, che mantengono un profilo di bellezza antica e sconvolgente. Il villaggio di Rio de Onor, tagliato dalla linea di confine fra il Portogallo e la Spagna, appare come un’improvvisa traccia medievale di cui la modernità si è dimenticata. Ad accompagnare il regista nei viaggi sono due giovani donne che diventano a tratti guide, a tratti specchi della disarmante situazione europea, già immemore delle coscienze nazionali ma senza aver ancora maturato una nuova identità collettiva.

Giovedì 1 marzo
Alla presenza del regista Antonio Morabito
NON SONO L’UNO PER CENTO
Reg. Antonio Morabito; int. Alfonso Nicolazzi, Gigi Di Lembo,
Donato Landini, Dominique Strobant, Massimiliano Giorni,
Angelo Dolci “Taro”; Italia 2006; col.; 75’

Carrara, dalla fine dell’Ottocento, è la culla dell’anarchismo italiano. Nella cittadina toscana è nato anche Antonio Morabito; diplomatosi in regia, ha realizzato numerosi cortometraggi ed ora è regista di programmi televisivi e documentari. “Mi sono reso conto – dice – che buona parte della letteratura che amavo era scritta da autori che avevano un comune denominatore: fondamentalmente erano anarchici”. Morabito ha deciso così di conoscere da vicino i suoi concittadini libertari. Li ha frequentati e ha seguito riunioni e manifestazioni per più di un anno. Nei successivi due anni ha effettuato le riprese – imperniate su conversazioni con sei studiosi e militanti. Servendosi anche delle canzoni di Brassens, Les Anarchistes, Fabrizio De Andrè, C.S.I., Ferrè, e inserendo materiale d’archivio e spezzoni tratti da film, l’autore ha ripercorso le principali tappe della storia e i concetti alla base del movimento anarchico. La sintesi sono 75′ in cui i protagonisti si sono riconosciuti, tanto da presentarla nella loro storica sede, il Germinal.

Giovedì 8 marzo
BELLISSIME
Il Novecento visto dalla parte di lei.
Dal 1960 ad oggi dalla parte di “lei”.
Reg. Giovanna Gagliardo; Italia 2004/06; b/n, col.; 152’

La storia d’Italia al femminile raccontata per immagini e musica. Spezzoni di film, immagini di repertorio dell’Archivio Storico dell’Istituto Luce e di Rai Teche, canzoni popolari, arie d’opera, interviste ad alcune protagoniste del 900 italiano. Un interessante docufilm presentato in due parti al Festival di Venezia. Volti comuni di donne sconosciute, colte nella loro quotidianità, si alternano a quelli di donne che la storia l’hanno fatta con la loro personalità, le loro battaglie sociali, politiche o morali.

Giovedì 15 marzo
Alla presenza dei registi Alessandro Fusto e Denis Malagnino
LA RIEDUCAZIONE
Reg. Davide Alfonsi, Alessandro Fusto, Daniele Guerino,
Denis Malagnino; int.: Marco Donatucci, Gianluca Tiberi,
Pablo Sallusti; Italia 2006; b/n; 96’

Un giovane laureato della provincia romana passa il tempo facendo volontariato in parrocchia. Il padre decide che è ora di fargli affrontare le responsabilità della vita vera e per questo lo manda prima a lavorare in cantiere edile e poi gli toglie i viveri e la casa. Per il ragazzo sarà durissima. Costato 500 euro e realizzato da quattro giovani che due anni fa hanno costituito il collettivo Amanda Flor, “La rieducazione” è un film artigianale ma con il respiro del cinema e il coraggio della verità, quella non ideologizzata. Se la scelta del bianco e nero sembrerebbe quasi un modo per dichiarare il proprio minimalismo espressivo, che parte dall’uso di un digitale obbligatoriamente non ad alta definizione, il film ha dalla sua la capacità di coniugare, grazie ad un montaggio accurato, i tempi del cinema con quelli del quotidiano, usando la musica quando necessaria, e muovendo la macchina da presa in modo funzionale al racconto. Film evento speciale alla “Settimana della critica” al Festival di Venezia 2006.

Giovedì 22 marzo
Alla presenza del montatore del film Claudio Cormio
LA STRADA DI LEVI
Reg. Davide Ferrario e Marco Belpoliti; Italia 2005; 92’

Già portato sullo schermo da Francesco Rosi (“La tregua”) il ritorno a casa di Primo Levi è ora un documentario che, sessantanni dopo, di quel viaggio ripercorre le tappe e il “senso”. Da Auschwitz dieci mesi di labirinto, percorsi tortuosi e improvvise soste, attraverso Polonia, Urss, Romania, Ungheria, Cecoslovacchia, Austria e Germania prima del definitivo approdo a Torino. Il cammino di un uomo nell’incognita del destino e nella scoperta di un nuovo mondo, sopravvissuto alla guerra e uscito dal muro di Berlino. A commentare le immagini di oggi sono alcuni brani del romanzo di ieri, affidati alla voce di Umberto Orsini e a un intervento straordinario e conclusivo di Rigoni Stern.

Giovedì 29 marzo
Alla presenza del regista e attore Edoardo Gabbriellini
B.B. E IL CORMORANO
Reg. Edoardo Gabbriellini; int. Edoardo Gabbriellini, Giorgio Algranti,
Luce Caponegro, Carolina Felline, Marco Giallini; Italia 2002; col.; 87’

L’esordio dietro la macchina da presa di Gabriellini “Ovosodo” è una bella scoperta. Stracciato e liquidato con supponenza da certa critica che poi mette le faccine che sorridono al Muccino americano. Film leggero, certo, come potrebbe essere altrimenti, ma non lineare, non scontato e soprattutto non toscano. E qui lontano dal toscanismo di maniera sta la rivolta. Niente a che fare con Pieraccioni e Panariello come qualcuno pensa. Film sovrapposto di sfumature, surreale nelle scelte e metafi sico nelle location, solcato da una fascinosa malinconia del vuoto che non sempre capita di vedere nel sovraffollato scemenzario bagaglino di casa nostra. La prima volta di Selen fuori dall’hard.

Giovedì 12 aprile
ECCE BOMBO
Reg. Nanni Moretti; int. Nanni Moretti, Glauco Mauri,
Luisa Rossi, Lina Sastri; Italia 1978; 100’

Esordio morettiano reduce, lui e i suoi amici, da un 68 assaporato di traverso e in controluce. Il Moretti pensiero, destinato a crescere e affinarsi, c’è già tutto schizzato in questo mosaico esistenziale generazionale, parole casa cinema linguaggio comportamenti comunicazione tic ossessioni amore famiglia donne amici esistenza autocoscienza. Passeggiata estiva, commento morale, illusione perduta. Felliniano e commovente a rivederlo ora che il passaggio all’età adulta è decaduto e frantumato, amaro e narcisistico documento manifesto di una stagione incerta che ha saputo confondere l’alba col tramonto e viceversa.

Giovedì 19 aprile
Alla presenza del regista Paolo Benvenuti
TIBURZI
Reg. Paolo Benvenuti; int. Pio Giannelli, Silvana Pampanini, Roberto Valenti, Marcello Bartolomei, Stefano Bambini; Italia 1996; col.; 81’

Come una ballata popolare, divisa in quadri e commenti, Benvenuti ricostruisce gli ultimi giorni del brigante Domenico Tiburzi, catturato e ucciso dai regi carabinieri nell’ottobre 1896 in una casa nei pressi di Capalbio, dopo che il “Re della Maremma” (come veniva chiamato) era tornato a casa dopo cinque anni di latitanza in Francia. Benvenuti traccia il suo cinema impegnato e straubiano, come indagine socio politico culturale antropologica immersa nel territorio geografico di riferimento. Senza sbavature. Dice il Morandini: “Aperto dalla bella voce di Silvana Pampanini (omonima dell’attrice e chiuso dall’unica fotografia che rimane che rimane del ’nobile brigante’ scattata dopo la sua uccisione, è un dichiarato omaggio a John Ford con l’austerità di un Dreyer e lo ’splendore del vero’ di rosselliniana memoria”.

Giovedì 26 aprile
DREAMING BY NUMBERS
Reg. Anna Bucchetti; PaesiBassi/Italia 2005; video; 75’; italiano

Il Gioco del lotto a Spaccanapoli. Ogni cosa può essere tradotta in combinazioni di numeri: sogni, piccoli fatti del giorno, ricorrenze familiari, pettegolezzi… La ricevitoria si fa luogo di confessione, l’esercente testimone e interprete del vissuto nella sua codifica, della sua astrazione numerica. Più che l’azzardo, il brivido che la realtà personale trovi una sua conferma nella puntualità del numero.

TERMINUS
Reg. John Schlesinger; UK, 1961; bn; video; 30’; inglese

Ventiquattro ore nella stazione ferroviaria di Waterloo, a Londra, nel ’96, quando le persone si spostavano col treno, indipendentemente dalla propria classe sociale. Diretto da John Schlesinger, Terminus fu realizzato un anno prima del suo debutto nella fiction con “Una maniera d’amare” (“A Kind of Loving”). Copia dall’Archivio del Festival dei popoli.

Giovedì 3 maggio
Alla presenza dei registi Alberto Brogi e “Gruppo La cabina”
OMBUDSMAN
Reg. Alberto Brogi; Italia 2006

Girato in proprio con dei costi bassissimi, il video è stato realizzato in occasione del concorso “Cittadini in corto”. Protagonista del video è Giorgio Morales, l’ombudsman (altrimenti detto difensore civico, una figura ancora poco nota) della Regione Toscana , e quello che sanno di lui, del suo ruolo, alcune persone intervistate per strada, a Firenze, nel settembre 2006. L’idea è stata di contrapporre le risposte delle persone alle puntuali e precise spiegazioni di Morales dalle quali traspare con evidenza che interessarsi un po’ di più al difensore civico e ai suoi servizi – peraltro completamente gratuiti – è per l’appunto una questione civica che può portare dei vantaggi a tutti i cittadini.

CHI E’ MARIO ROSSI?
Reg. Gruppo “La cabina”; Italia 2006

Chi è Mario Rossi? E’ il nostro eroe, che nasce, cresce, invecchia, muore? O è il misterioso nemico? Che non invecchia mai, che non cambia mai? In fondo, siamo tutti “mariorossi”, e siamo perseguitati dai mariorossi. “La cabina” è un progetto di quattro allegri scansafatiche (Fabio Bacci, Matteo Faiazza, Elia Marchi e Andrea Pagani, in rigoroso ordine di numero di scarpe), che si dedicano con inutile professionalità alla realizzazione di video, cortometraggi, videoclip, fotografie, teglie di melanzane alla parmigiana e interminabili tornei di ghinè. La loro storia è lunga e complessa, tanto che uno di loro è già al lavoro per scrivere la biografia del quartetto, dal titolo provvisorio “Mi sembrava d’averti prestato 5000 euro. Dici di no?”. I quattro, dopo aver fatto da groupies nella tourneè dei Pantera, si ritrovano a Vicopisano e decidono di fare video. L’alternativa era aprire una azienda casearia. Escono alla ribalta con “Chi è Mario Rossi?”, del 2006, soffione d’oro al Festival di Larderello e premiato al concorso Cittadini in Corto di Marina di Carrara (o era Vancouver?). Sono già al lavoro per il secondo cortometraggio, il REABILITY SHOW, opera scandalosa e prova di rispetto, in una gustosa salsa televisiva.

Giovedì 10 maggio
Anteprima, alla presenza del regista Emiliano Cribari e degli attori
23
Produzione indipendente di
“Le cose che so di me” ed Emiliano Cribari; Italia 2007

Un viaggio nella sperimentazione lungo quasi tre anni: dopo aver prodotto opere video e teatrali di impianto comico e drammatico, in vernacolo e in lingua, la giovane produzione di Emiliano Cribari si cimenta infatti adesso con la produzione di un cortometraggio noir dai sapori intrisi di forte erotismo: “23”. A seguire, alcune “pillole” delle precedenti produzioni del gruppo: dal primo exploit de “La ricreazione”, passando poi per “Tuttotorna” e “Via Varsavia” (Cecchi Gori Home Video, 2007), fino a “sbirciare” nel nuovo film “30 anni quasi 21”. La serata vedrà la partecipazione di tutti i principali protagonisti di questa avventura.

Giovedì 17 maggio
IO SONO UN AUTARCHICO
Reg. Nanni Moretti; con Nanni Moretti, Simona Frosi,
Fabio Travesa, Beniamino Placido; Italia 1976; 95’

Girato in superotto con poche lire tra amici e senza pretese, il primo lungo cult morettiano, la sfiga di fare teatro volendo fare cinema. Frustrazioni e velleità di una (contro)cultura giovanile imbevuta di sacrosante smanie della villeggiatura dal trionfante buonsenso (piccolo borghese cattocomunista). Umorismo sottile e struttura frammentata, montaggio nervoso e imperfetto, tutto approssimativo e radicale, per questa sorta di disordinato anarchico fumetto di rivendicazioni posticipate e tragicomiche. Moretti comincia la sua lezione umorale di cineasta morale.

Giovedì 24 maggio
Alla presenza del regista Paolo Santangelo
DALL’ALTO DEI LOCULI
PISCI DI BRORU
LA PECORA MARINA
Reg. Paolo Santangelo; Italia 2005, 2006, 2007

Tre opere di un giovane regista siciliano trapiantato da anni a Firenze, Paolo Santangelo. Tre diversi lavori accomunati dall’amore per la sua terra d’origine.
“Dall’alto dei loculi” narra le tragicomiche vicende di un uomo scontento della sistemazione della moglie al cimitero, sepolta in un loculo troppo alto. L’uomo non si rassegna e fa di tutto per “avvicinarla” a sé. 3° classificato nel Festival cinematografico europeo 2006; selezionato per “25° ora” su La 7 e per Rai Sat.
In “Pisci di broru” il protagonista è un vecchio pescatore rimasto solo dopo la morte della moglie. Una storia intensa e malinconica, di grande poesia. Vincitore nel 2005 al Brescello Film Festival, Reggio Emilia, nella sezione Storie italiane; 7° classificato a “25° ora”.
“La pecora Marina” racconta di un pastore che per far divertire l’amato figlio mette in atto tutta la sua fantasia.

Giovedì 31 maggio
L’ORCHESTRA DI PIAZZA VITTORIO
Reg. Agostino Ferrente; Italia 2006; col.; 90’

Come nasce la solidarietà e si consuma la convivenza. A Roma grazie alla musica. Esperienza di vita e formula vincente. Nata per scommessa per salvare un vecchio cinema destinato a supermarket, si sviluppa il senso del quartiere, uno dei più popolari della capitale che gravita su piazza Vittorio, crocevia di tutto e lasciamo da parte le culture. L’avventura della musica prende forma e corpo e traccia una comunione comunicazione che sembra d’altri tempi. Il film ripercorre la genesi e i contributi, le speranze e la perdita di speranze che accompagna questo capitolo di nuovo mondo possibile. La festa romana parla molte lingue, la musica è contagiosa, il successo un cammino difficile ma alla fine salutare e convincente. Come un vocabolario di antropologia culturale del terzo millennio. La fantascienza prima degli effetti speciali.

Mercoledì 21 febbraio
LA COSA DA UN ALTRO MONDO
Reg. Christian Nyby; int. Margaret Sheridan, Kenneth Tobey,
Robert Cornthwaite, James Arness; USA 1951; b/n.; 87’

Un oggetto misterioso cade al Polo Nord nei pressi di una base scientifica. Sotto la banchisa si scopre un’astronave che viene distrutta per errore. Gli scienziati riescono però a recuperare un alieno imprigionato nel ghiaccio, quando sarà liberato (sempre per errore!) si scatenerà uccidendo e distruggendo. Il film inaugurò la moda dei mostri alieni solitari, con forti connotazioni horror.

Mercoledì 28 febbraio
ULTIMATUM ALLA TERRA
Reg. Robert Wise; int. Michael Rennie, Patricia Neal,
Hugh Marlowe, Sam Jaff; USA 1951; b/n; 92’

Un’astronave aliena atterra negli Stati Uniti per comunicare alla terra che sarà distrutta se gli uomini non smetteranno di farsi la guerra. Ma la classe politica non dà importanza all’ultimatum. I cattivi dell’universo questa volta sono gli uomini, superficiali e violenti si rifiutano di ascoltare i messaggi di avvertimento provenienti da altri mondi. Ad oltre cinquant’anni il film continua ad affascinare e anche sul piano della spettacolarità riesce a farsi beffa di tanti kolossal odierni, pieni di effetti speciali ma ripetitivi e prevedibili.

Mercoledì 7 marzo
LA GUERRA DEI MONDI
Reg. Byron Askin; int. Gene Barry,
Ann Robinson; USA 1952; col.; 85’

Un tranquillo paesino della provincia americana è sconvolto dallo schianto di un meteorite che si scopre essere in realtà un’astronave aliena. Ben presto gli alieni dimostrano la volontà di conquistare il mondo. La lotta è impari ma gli esseri umani sono decisi a resistere. Realizzato in piena guerra fredda il film è una chiara metafora del “pericolo comunista” ma ciò non toglie niente al fascino di un’opera di ottima perizia tecnica e di notevole innovazione visiva.

Mercoledì 14 marzo
L’INVASIONE DEGLI ULTRACORPI
Reg. Don Siegel; int. Walter Piggeon,
Anne Francis, Leslie Nielsen; USA 1956; b/n; 80’

Strani invasori provenienti dallo spazio atterrano sotto forma di baccelli in una cittadina e a poco a poco occupano i corpi dei suoi abitanti. Tratto da un romanzo di Jack Finney e adattato con una scrittura asciutta ed essenziale da Sigel, il film è una inquietante e suggestiva parabola dell’ambiguità.

Mercoledì 21 marzo
IL PIANETA PROIBITO
Reg. Fred MacLeod Wilcox; int. Walter Pidgeon,
Anne Francis, Leslie Nielsen, Jack Kelly; USA 1956; b/n.; 98’

Grande tensione, mostri invisibili e sorpresa finale. Non è l’alieno ad invadere la terra ma l’uomo a sbarcare su un pianeta sconosciuto. E’ il primo film a mostrarci da vicino un altro pianeta, ma solo con Star Trek, dieci anni dopo, l’esplorazione delle galassie diventerà un tema ricorrente e di successo.

Mercoledì 28 marzo
LA METEORA INFERNALE
Reg. John Sherwood; int. Grant Williams,
Lola Albright, Les Tremayne; USA 1957; col.; 77’

Stati Uniti, nel deserto cadono frammenti di meteoriti e una bambina viene ridotta in fin di vita dai frammenti che iniziano a crescere vertiginosamente travolgendo ogni forma di vita incontrata sul proprio cammino. La catastrofe è vicina fino a quando due coraggiosi geologi scoprono come fermare i meteoriti. Unico bizzarro (ma affascinante) esempio di fantascienza basata sulla mineralogia.

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Giovedì 10 maggio,
in occasione della proiezione di “23”,
sarà inaugurata la mostra di Marco Tempesti
FOTOGRAFIE DI SCENA DEI NOSTRI SET

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Rassegna e redazione a cura di
Gianna Bandinie Gabriele Rizza
per l’Associazione Anèmic.
Si ringraziano Festival dei popoli,
Mediateca Regionale Toscana,
Piero Matteini, Stefano Arrighetti.

Genti età luoghi

Istituto Ernesto de Martino
Archivio Fotografico Toscano
Dryphoto – Arte contemporanea

Culture in movimento
Storia e memoria dei nativi e dei migranti

Genti età luoghi
Fotografia: terreno d’incontro per il paese che sarà

Prato, 25 novembre – 9 dicembre 2006

In una prospettiva di globalizzazione quale l’attuale, che tende ad annullare le differenze ed eliminare le separazioni, si pone per le società occidentali un problema importante: la presenza dell’altro non più geograficamente lontano, ma tra noi; qualcuno con cui conviviamo e ci confrontiamo giornalmente; l’altro è diventato il nostro vicino. In questo contesto i temi della memoria e della identità, intesi come momenti della dialettica sociale, sono soggetti a una radicale revisione. È una trasformazione mentale che ci impone di cogliere e registrare i cambiamenti in atto che direttamente ci investono e modificano il senso e le prospettive del nostro vivere.
L’Archivio Fotografico Toscano, nato oltre vent’anni fa come servizio del Comune di Prato per recuperare le raccolte fotografiche storiche, nel convincimento che la fotografia intesa come “patrimonio” sia un bene fondamentale per il recupero e la conservazione della memoria, ma anche e soprattutto per conoscere i contenuti sui quali si radicano l’identità e la cultura di una comunità, ha maturato ben presto la consapevolezza che la conservazione della memoria e la definizione dell’identità culturale sono un progetto che investe passato e presente. Lo ha fatto registrando a suo tempo le profonde trasformazioni urbanistiche che a Prato hanno segnato il trasferimento delle fabbriche dal centro cittadino alla periferia, lo fa oggi sottoponendo a riflessione la convivenza con l’altro, con chi è culturalmente diverso per abitudini e costumi di vita. Riscoprire e conservare la memoria, al di là di facili e inutili folclorismi che pur non mancano, significa recuperare le origini da dove traggono forza e alimento i valori che reggono il nostro vivere, significa ridare linfa alla cultura stessa.
La fotografia, fin dalle sue origini, è segnata dall’attenzione per il diverso, per l’ignoto, la scoperta dell’altro, del lontano, in tutte le varie accezioni che i termini possono indicare e suggerire. L’altro e il diverso possono essere anche coloro che ci stanno accanto ma vivono situazioni che non sono le nostre, tuttavia il concetto di altro e di diverso è piuttosto labile; più preciso forse il concetto di lontano, che rimanda a connotazioni geografiche: tutto ciò che si colloca distante da noi, l’ignoto che in parte ci intimorisce in parte ci incuriosisce. Nel far conoscere l’altro, avvicinandocelo, facendo scomparire quelli che in partenza erano elementi negativi legati alla percezione della diversità, la fotografia ha avuto indubbiamente un ruolo di primo piano; mostrandolo, ha di fatto trasferito nella sfera della razionalità e della comunicazione quello che agiva, negativamente, a livello di inconscio e irrazionale; ha dato spazio e voce alla solidarietà.
La partecipazione dell’Archivio Fotografico Toscano al progetto Culture in movimento – storia e memoria dei nativi e dei migranti, attraverso l’insieme delle iniziative di Genti età luoghi. Fotografia: terreno d’incontro per il paese che sarà, realizzate in compartecipazione con Dryphoto – Arte contemporanea e l’Istituto Ernesto de Martino, si colloca in questa prospettiva, nella sola forma che compete alla fotografia: dando visibilità alla presenza e alle forme in cui essa si manifesta.
Due sono le linee che hanno caratterizzato l’intervento e l’intero progetto: la prima tesa a recuperare la dimensione dell’altro ricostruendo una sorta di percorso che riunisce fatti, persone ed eventi che lo ricollegano alla sua e alla nostra storia; la seconda tesa ad avvicinarlo e conoscerlo nella sfera privata e in quella pubblica: come si rapporta e come vive la città che oggi lo ospita e domani forse diverrà anche sua, ma anche come i nativi la vivono, e come tutti la trasformano. Questi obiettivi il progetto ha inteso realizzare attraverso forme diverse: le mostre (Viaggio nelle famiglie e Vivere a Prato), che in parte utilizzano materiali preesistenti in parte materiali espressamente prodotti; il laboratorio (Senza dimora fissa); la didattica (Percorsi di educazione multiculturale). Quest’ultima in particolare si colloca su un terreno già praticato dall’Archivio, che nella fotografia ha individuato lo strumento utile per facilitare la conoscenza tra i ragazzi, superando anche le difficoltà legate alla lingua.

I risultati di questa lunga elaborazione che ha visto impegnati i vari soggetti fin dalla scorsa estate, oltre che nelle mostre, necessariamente temporanee, vengono presentati anche con modalità più durature a documentazione del lavoro svolto, qui online e nella più tradizionale forma dell’opuscolo.

Viaggio nelle famiglie della città multietnica
Fotografie di Filippo Zambon
Monash University Prato Centre, Palazzo Vaj, via Pugliesi 26

Viaggio nelle famiglie della città multietnica è un percorso fotografico nella città che si rinnova e che nel confronto con culture “altre” riconsidera la propria identità. Un incontro con l’intimità quotidiana delle famiglie di migranti che hanno scelto Prato come nuova dimora. Il “mondo” è arrivato a Prato e Prato sta cambiando; si sta trasformando in luogo di scambio, in un melting-pot di culture in movimento.

«Nativi e migranti si trovano a coabitare e per tutti cambia il modo di vivere la città e il rapporto con il contesto culturale di riferimento; nel confronto si influenzano e in questo modo si modificano molte abitudini. A me interessava soprattutto entrare in relazione con i miei nuovi concittadini. Ho avuto l’opportunità di conoscere alcuni gruppi familiari e anche di cogliere i segni del mutamento che si sta verificando nelle loro tradizioni e nei loro costumi.
Le famiglie fotografate in questo progetto hanno deciso di condividere la loro quotidianità, di mostrarsi, di suscitare in chi osserva l’interesse a conoscerli, o anche semplicemente di comunicare la loro presenza»

Filippo Zambon

Vivere a Prato
Fotografie di Andrea Abati a cura di Alba Braza Bolis
Ars Libandi Osteria, via dell’Accademia 49 (Prato China Guide)
Mercerie Panci, via Garibaldi 10 (Gente del Corno d’Africa)
Caffè del Centro, via Garibaldi 65 (Viaggi di migranti)
Centro Psycheros, via Dante 10 (Orizzonti)

I momenti espositivi che costituiscono Vivere a Prato ci mostrano diversi aspetti del rapporto immigrati/città attraverso una selezione di lavori fotografici realizzati nell’ultimo decennio, periodo fortemente segnato da una massiccia immigrazione extraeuropea.

«Conosco Andrea da una vita e molti dei lavori da lui realizzati negli ultimi vent’anni mi hanno particolarmente impressionato, sempre per ragioni diverse, ma comunque riconducibili all’originalità di un taglio fotografico duro, diverso, difficile da accettare per chi è abituato alle immagini accattivanti delle riviste, ma che a una lettura più attenta tradisce la tensione morale dell’autore, l’indignazione verso la violenza dell’uomo, la pietà nei confronti delle sue debolezze, della sua fragilità, del suo dolore e l’amore per gli ultimi, come i bambini abbandonati, gli immigrati, i “matti” e la gente comune immersa nell’anonimato delle attività quotidiane. Nel suo percorso artistico, con la sua maniacale attenzione rivolta a ogni traccia che i mutamenti sociali provocano nel tessuto urbano, Abati ha incontrato il mondo dei nuovi immigrati stranieri fino dai primi anni ’90.
Dopo una prima operazione che vedeva protagonisti gli immigrati delle ex-colonie italiane dell’Africa orientale e, a parte lo stile fotografico, affrontata in termini piuttosto convenzionali, le operazioni successive colpiscono per l’assoluta originalità e intelligenza. Infatti, vediamo in Viaggi di migranti, insieme ai lavori di Abati, le immagini che gli stranieri hanno portato in Italia dai loro paesi di origine, dove le foto della famiglia lontana, con la loro struggente malinconia, si sovrappongono alla storia politica e religiosa di quei luoghi e allo stesso tempo diventano un patrimonio di documentazione visiva della nostra società. Ed ecco il Calendario 1995, realizzato per il Gruppo giovani industriali di Prato, dove le foto degli stranieri sono realizzate all’interno delle loro abitazioni, insieme ai familiari, nelle pose e con gli abiti scelti da loro stessi, in situazioni di ostentata normalità, contrapponendosi alla tendenza più comune e consumata di contestualizzare l’immigrato in ambienti il più esotici possibile, estraniandoli da una realtà profondamente caratterizzata dai segni della nostra società che li accoglie. L’operazione di Una città che cambia realizzata con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Prato ha visto alcuni poster di grandi dimensioni affissi nei luoghi più importanti della città, e la sua efficacia è testimoniata dal ricordo che ha lasciato, ancora vivo anche in ambienti marginali e lontani dalle fonti d’informazione»

Celso Bargellini
da Andrea Abati e l’immigrazione, ottobre 2003

Senza dimora fissa
A cura di Dryphoto – Arte contemporanea
(Andrea Abati, Augusto Buzzegoli, Stella Carbone,
Alessandro Colzi, Valentina Lapolla, Luca Sguanci)
Vetrina e Piazza Urp, Urp Multiente Comune, Provincia,
Prefettura piazza del Comune, Corso Mazzoni

Senza dimora fissa è un laboratorio temporaneo e sperimentale sul rapporto fra pratiche artistiche e contesto urbano, un punto di partenza per disegnare una mappa della città dei molti.

«Le città diventano sempre più luogo di transito e di transizione, nuovi cittadini, nuovi abitanti. È sempre più indefinibile chi siano i veri abitanti, i nativi (forse prossimi migranti) o gli immigrati di ieri (forse nativi di domani). Impossibile capire chi deve chiedere cittadinanza (e a chi chiederlo), chi siano i cittadini (veri) della (nuova) città che stiamo costruendo. Nella zona intorno al mio studio, la situazione, anche per la profonda trasformazione di ruolo del settore industriale storico, il tessile, è ancora più accentuata: le funzioni e gli abitanti mutano incessantemente.
L’arte entra sempre più nelle pratiche sociali, portandoci le sue lucide visioni, con filosofie e utopie concrete. La pratica artistica è una delle modalità che contribuisce alla definizione (e formazione) di una società in transizione. Sono sempre più numerosi gli eventi che nascono fuori da cornici deputate, esterni spesso anche a gallerie e spazi alternativi; reinventano pratiche collettive e/o intervengono direttamente nel sociale, nella sfera politica (produzione di visioni ideali di progetti di vita, scelte di percorsi strategici necessari). L’artista può abbandonare il concetto di opera e pensare che attivare pratiche artistiche nella sfera pubblica sia prioritario, una necessità imprescindibile. Diventa necessario avviare percorsi su identità/appartenenza – singolarità/moltitudine.
La pratica laboratoriale (condividere) si sostituisce alla produzione (di opere), rendendo inutile, forse, anche il concetto stesso della necessità di produrre (opere)»

Andrea Abati (Prato, maggio 2006)

Percorsi di educazione multiculturale
A cura della Sezione didattica dell’Archivio Fotografico Toscano
Ideazione e coordinamento di Daniela Meacci
Interventi di Fabrizio Trallori e Mario Chieffo

Alì Babà e i quaranta ladroni e Sulle tracce di Marco Polo
Mostra di elaborati degli alunni della scuola primaria Leonardo da Vinci
e secondaria di I° Conservatorio S. Niccolò

Aula didattica Assessorato alla Cultura, via S. Caterina 17

Con i Percorsi di Educazione multiculturale, attività rivolta a bambini e ragazzi della scuola dell’obbligo, si è cercato di stimolare nei bambini il desiderio di aprirsi alla cultura “degli altri” attraverso un approccio interdisciplinare capace di far acquisire familiarità con il mondo fantastico dell’oriente fiabesco e con alcuni aspetti della storia e delle tradizioni di popoli lontani. Le opportunità di indagine sono state individuate in alcune storie tratte da Le Mille e una notte, testo fondamentale della cultura araba, e in una rivisitazione fantasiosa del viaggio di Marco Polo descritto nel Milione.
Le attività proposte, che hanno fatto leva sia sulla partecipazione attiva degli insegnati quanto sul coinvolgimento diretto dei genitori, si sono rivelate efficace stimolo per i bambini che hanno partecipato con entusiasmo e hanno svolto con interesse e curiosità ricerche e approfondimenti. Il clima costruttivo, scaturito dalla sinergia di risorse umane che sono state attivate, ha avuto una duplice valenza: è riuscito a fornire a ogni partecipante, bambino o adulto, l’opportunità di approfondire nuove forme espressive e comunicative, sperimentando nuovi modi per interagire con gli altri, e a favorire al tempo stesso una riflessione sui vantaggi e l’arricchimento che l’apertura a un confronto positivo e non conflittuale con la cultura di altri paesi può offrire.

Franco Coggiola. Dieci anni dopo tra ricerca e memoria

Istituto Ernesto de Martino
SestoIdee – Istituzione Servizi Educativi
Culturali e Sportivi del Comune di Sesto Fiorentino

L’altra Italia
…ben venga Maggio!

Franco Coggiola
Dieci anni dopo, tra ricerca e memoria
Concerto – Testimonianza

Domenica 14 maggio 2006 dalle 16 alle 23.30
all’Istituto Ernesto de Martino

Ingresso: 3 euro

Dieci anni fa moriva Franco Coggiola, ricercatore, presidente dell’Istituto Ernesto de Martino dal 1981 al 1996 e principale artefice del suo trasferimento da Milano a Sesto Fiorentino.
Per ricordare Franco, l’Istituto organizza una giornata con alcuni protagonisti della musica popolare e della canzone sociale e di protesta. Tanti musicisti e diverse sonorità per ricordare, con i suoni e con le parole, l’importanza della ricerca.

Parteciperanno

The Gang
Fausto Amodei
Apuamater indiesfolk
Sandra e Mimmo Boninelli
Ivan Della Mea con Paolo Ciarchi e Claudio Cormio
BandaJorona
Nuovo Canzoniere Bresciano
+ ospiti a sorpresa

Si ringraziano per la collaborazione il Progetto Giovani di Sesto Fiorentino e le Cooperative Sociali Cat, Arca e Alice; la Casa del Popolo di Quinto Alto; Allextire srl.

Primo maggio 2006

Istituto Ernesto de Martino
SestoIdee – Istituzione Servizi Educativi
Culturali e Sportivi del Comune di Sesto Fiorentino

L’altra Italia
…ben venga Maggio!

1° Maggio
La Festa del 1° Maggio
all’Istituto Ernesto de Martino

— Ore 10 —

La Banda militante della Maremma partecipa al corteo sindacale

— Dalle 15.30 fino al tramonto —

La festa, a ingresso gratuito.

Suoneranno e canteranno
la Banda Militante della Maremma,
i Suonatori Terra Terra,
Pilade Cantini e i Vincanto

Parteciperanno
Gianni Gianassi (Sindaco di Sesto Fiorentino),
Ivan Della Mea (Presidente dell’Istituto Ernesto de Martino),
Enrico Solito (Presidente Sez. A.N.P.I. Sesto Fiorentino)
+ ospiti a sorpresa

Vino e cibo finché ce n’è

Con la festa inizia il tesseramento 2006 all’Associazione Istituto Ernesto de Martino.

Si ringraziano per la collaborazione il Progetto Giovani di Sesto Fiorentino e le Cooperative Sociali Cat, Arca e Alice; la Casa del Popolo di Quinto Alto; Allextire srl.

De Martino e Basaglia: la riflessione su identità / alterità

Istituto Ernesto de Martino (Centro interculturale di Porto Franco)
Porto Franco (Toscana. Terra dei popoli e delle culture)
Comune di Follonica – Assessorato alle Politiche Culturali

Nel 40° anniversario della morte di Ernesto de Martino
e nel 25° anniversario della morte di Franco Basaglia

presentano

Ernesto de Martino e Franco Basaglia:
la riflessione su identità / alterità

Sabato 19 novembre 2005
alla Civica Pinacoteca Amedeo Modigliani
in Piazza del Popolo a Follonica

P R O G R A M M A

Inizio dei lavori alle 9,
pausa pranzo alle 13.30,
ripresa dei lavori alle 15,
chiusura alle 19

— Saluti —

CLAUDIO SARAGOSA
Sindaco del Comune di Follonica

LANFRANCO BINNI
Coordinatore del Progetto Portofranco

SABRINA GAGLIANONE
Assessore alla cultura del Comune di Follonica

IVAN DELLA MEA
Istituto Ernesto de Martino

— Relazione introduttiva —

ANNAMARIA RIVERA
Università degli Studi di Bari

— Interventi —

CLARA GALLINI
Università degli studi di Torino

LUIGI ATTENASIO
Direttore Dipartimento di Salute Mentale, Asl Roma C

ALFONSO M. IACONO
Università degli Studi di Pisa

PIETRO CLEMENTE
Università degli Studi di Firenze