Il de Martino 24/2014 – Archivi della Resistenza. Un elogio (o quasi) del digitale

Come acquistare la rivista

Il de Martino
Rivista dell’Istituto Ernesto de Martino
per la conoscenza critica e la presenza alternativa
del mondo popolare e proletario

N. 24, 2015; € 20

Archivi della Resistenza. Un elogio (o quasi) del digitale
A cura di Alessio Giannanti e Simona Mussini

Copertina de «Il de Martino» 24

Scritti e testimonianze di Greca Campus, Giovanni Contini, Sonia Cenceschi, Giovanni A. Cerutti, Ivan Della Mea, Paolo De Simonis, Angelo d’Orsi, Stefania Ficacci, Alessio Giannanti, Giulia Jonica Lucà, Simona Mussini, Paolino Ranieri, Dario Vergassola.

Foto di Martina Falcucci Chinca, Elisa Figoli, Monia Fossile, Mirca Lazzeretti, Rocco Malfanti, Martina Morini, Paolo Navalesi, Eleonora Pellegri, Vittorio Vizzini.

— Dalla quarta di copertina —

Questo numero, nato alla vigilia del Settantesimo della Liberazione, prende a pretesto un altro anniversario: i dieci anni di attività dell’associazione Archivi della Resistenza – Circolo Edoardo Bassignani di Fosdinovo (MS). Un collettivo di ricerca che opera, sin dal 2004, con l’obiettivo di ricostruire le pagine più significative della Lotta di Liberazione nelle province di Massa Carrara e La Spezia e che, negli anni, ha visto un continuo ampliamento degli ambiti tematici e dei confini geografici delle proprie ricerche sul campo. Tra le caratteristiche di questo gruppo di giovani (e, ormai, non più giovani) ricercatori vi è senz’altro l’uso della telecamera e di strumenti digitali e/o multimediali in relazione alla ricerca sulla memoria storica, oltre a un’inesausta attività di organizzazione e di militanza culturale. Anche in ragione di queste peculiarità si è pensato di inserire, per la prima volta nella storia di questa rivista, un allegato video (ma tra le novità da segnalare c’è anche un restyling della copertina). Si tratta di una videoantologia in DVD della durata di circa quattro ore comprendente sia i film-intervista dedicati alla Resistenza, sia altri documentari e filmati estratti dall’archivio dell’associazione.
Tuttavia il racconto della storia associativa degli Archivi della Resistenza e la riflessione metodologica che è alla base di questa esperienza sono stati anche il punto di partenza (il pretesto, appunto) per poter chiamare in causa altri studiosi e altre esperienze, con l’obiettivo di estendere il discorso a un’analisi sull’uso degli strumenti audiovisivi e multimediali in rapporto alla raccolta, conservazione e divulgazione di fonti orali e, più in generale, alla creazione di archivi digitali della Resistenza. Si tratta di un tentativo, seppur parziale, di restituire una prima ricognizione della memoria della Resistenza ai tempi del web, ovvero di quella che potremmo chiamare, secondo le mode informatiche, “Resistenza 2.0”.

— Indice —

Introduzione
Istituto Ernesto de Martino

– L’ASSOCIAZIONE –

Archivi della resistenza. Storia di un collettivo tra ricerca e militanza
Alessio Giannanti e Simona Mussini

– RESISTENZA 2.0 –

«Karta si face, perch’omo è fallace». “Fissazioni” diverse per la memoria della Resistenza
Paolo De Simonis

La storia orale e la telecamera: alcune riflessioni
Giovanni Contini

Svolta tecnologica e svolta storiografica nella narrazione del territorio. Un confronto fra due generazioni di storici orali nell’era 2.0
Greca Campus e Stefania Ficacci

Giornali alla macchia. I periodici della resistenza: Novara, Vercelli, Biella e VCO
Giovanni A. Cerutti

Canzoniere e web
Giulia Jonica Lucà

Il ruolo e le tecniche del restauro a scopo divulgativo nelle testimonianze audio e la ricerca di una strategia predittiva di recupero digitale
Sonia Cenceschi

– HANNO SCRITTO –

Incontro di generazioni sotto i castagni (2008)
Ivan Della Mea

L’ora terza (2009)
Ivan Della Mea

Alle elezioni mettiamoci una croce sopra (2011)
Dario Vergassola

La Libera repubblica di Fosdinovo (2011)
Angelo d’Orsi

– UN LIBRO IN CANTIERE –

Memorie di un barbiere (antifascista)
Paolino Ranieri

– ALLEGATO –

Presentazione e crediti di “Parole riprese. Videoantologia di archivi della resistenza (2004-2014)”

– APPENDICE FOTOGRAFICA –

Foto di Martina Falcucci Chinca, Elisa Figoli, Monia Fossile, Mirca Lazzaretti, Rocco Malfanti, Martina Morini, Paolo Navalesi, Eleonora Pellegri, Vittorio Vizzini

Come acquistare la rivista

Presentazione di “Mondo operaio, fabbriche, memoria del lavoro”

Il de Martino 22-23 - Copertina

 

Domenica 13 aprile, all’interno della residenza artistica per i giovani artisti del Festival “Fino al cuore della rivolta”, i compagni dell’Associazione Archivi della Resistenza di Fosdinovo organizzeranno, insieme al nostro Istituto, una presentazione-seminario dell’ultimo numero della rivista «Il de Martino».
Ecco i dettagli:

Domenica 13 aprile 2014 a partire dalle ore 16
Circolo Culturale Enogastronomico Archivi della Resistenza
Fosdinovo (MS) – Museo Audiovisivo della Resistenza

Mondo operaio, fabbriche, memoria del lavoro
Presentazione del numero 22-23 della rivista “Il de Martino”,
dedicato alle memorie del lavoro

Interventi di:

  • Stefano Arrighetti
    L’Istituto Ernesto de Martino: esperienze di ricerca e di riproposta
  • Filippo Colombara
    Fonti orali e mondo operaio
  • Antonella De Palma (videoconferenza)
    In nome del profitto. Il caso Ilva di Taranto
  • Andrea Grifoni
    Vita di fabbrica. La memoria e la ricerca
  • Cesare Bermani (videoconferenza)
    La canzone operaia in Italia

Il seminario è propedeutico alla creazione di un gruppo di lavoro sulle memorie di fabbrica nelle provincie di Massa Carrara e La Spezia.

Alle ore 13 pranzo sociale su prenotazione
info@archividellaresistenza.it
cell. 3290099418

Call for paper per “Il de Martino n. 24/2014 – Resistenza 2.0”

Archivi della Resistenza - LogoIl numero 24 de «Il de Martino», la rivista del nostro Istituto, sarà curato dal collettivo di Archivi della Resistenza di Fosdinovo e verterà sull’uso degli strumenti audiovisivi e multimediali per la raccolta, analisi e diffusione della memoria storica della Resistenza.
Il numero dedicherà una parte all’esperienza dell’Associazione Archivi della Resistenza – Circolo Edoardo Bassignani, in occasione del suo decimo anniversario di attività, ma si intende ampliare lo spettro d’interesse alle metodologie di ricerca e alle modalità di divulgazione contemporanea della memoria della Resistenza includendo altre realtà, contattando studiosi delle discipline storiche e antropologiche come pure filmaker, progettisti museali, organizzatori culturali, ecc., per poter così scattare un’istantanea sullo stato dell’arte in Italia della Resistenza ai tempi del Web, insomma di quella che potremmo chiamare “Resistenza 2.0”.

 

Call for paper “Resistenza 2.0”

Al fine di poter coinvolgere esperienze anche molto diversificate si è deciso di aprire il numero a contributi esterni mediante una call for paper. Gli interessati possono inviare entro il 10 maggio 2014 un abstract (al massimo 3000 battute spazi compresi) e un breve curriculum vitae all’indirizzo info@archividellaresistenza.it. Entro il 30 maggio verrà comunicata l’accettazione o meno delle proposte. Entro, e non oltre, il 15 settembre 2014 gli articoli dovranno essere consegnati, secondo le norme redazionali della rivista e con una lunghezza massima di 40.000 battute spazi compresi.

I temi che vorremmo affrontare in questo numero sono i seguenti:

  • “elogio della telecamera”, ovvero uso della videointervista nella storia orale: dalla Resistenza alle lotte recenti (Genova 2001, No Tav, No Ponte, No Dal Molin, No Muos, movimenti delle donne, movimenti antirazzisti, movimenti studenteschi, movimento operaio, ecc.);
  • creazione di archivi digitali, metodologie di inventariazione, risorse e criticità del digitale, tecniche di conservazione;
  • Resistenza e web: utilizzo di strumenti di divulgazione multimediale ma anche ricerche basate su fonti multimediali;
  • eventi, musei, presidi della memoria e percorsi didattici dedicati alla Resistenza in Italia e in Europa, con un’attenzione particolare ai mezzi audiovisivi e multimediali.

Ilva, un luogo invecchiato molto male

Da «il manifesto», 14 febbraio 2014, p. 11

Recensione a
Mondo operaio, fabbriche, memoria del lavoro,
«Il de Martino», n. 22-23 (2013)

Bruno Cartosio

L'Ilva di Taranto

Dell’ILVA di Taranto si è parlato molto negli ultimi tempi e, giustamente, si dovrà parlare ancora a lungo,  mentre, a proposito di acciaio, di Bagnoli e di Cornigliano non si parla più. Della Richard Ginori, dei cantieri di Monfalcone e, tutto sommato, della FIAT di Melfi si è parlato poco. Invece le vite in tutti quei luoghi di lavoro e di vita, le lotte, le soggettività e memorie operaie sono al centro del numero doppio appena uscito (nn. 22-23, 232 pp., 15 euro) de “Il de Martino”, la rivista del benemerito Istituto omonimo. E se nelle sue pagine si parla dell’ILVA, per esempio, mettendo insieme con grande efficacia cronistoria aziendale e discorso operaio su di sé, sul lavoro e sulla società circostante, si racconta anche, però, della prassi delle burle in fabbrica, dei minatori e dei canti di protesta sardi, delle industrie metalmeccaniche italiane in Cina.
Le scritture, i saggi presenti nella rivista sono diversi tra loro per impostazione e per efficacia. Alcuni tratti però sono sufficientemente comuni da permettere qualche generalizzazione. Anzitutto, il benvenuto a un lavoro che tematizzando il passaggio “da operai a gente” avvenuto negli ultimi decenni, si colloca nel problematico contesto socio-culturale in cui ci troviamo. Ed è un discorso che cerca di riprendere e riannodare i fili di una vicenda collettiva in cui le cesure tra presente e memoria sono esplorate, non taciute. Il lavoro è serio, anche se, come sempre nelle storie che i lavoratori raccontano su di sé e sul proprio lavoro, nel dramma c’è sempre spazio anche per la commedia. Il mosaico messo insieme dai tre curatori Cesare Bermani, Filippo Colombara e Antonella De Palma pesca nelle ricerche monografiche che loro stessi e altri nove studiosi hanno condotto negli ultimi anni. In tutti i saggi l’impiego degli strumenti della storia orale – essenzialmente l’indagine sul campo e i racconti in prima persona di lavoratori o ex lavoratori che parlano individualmente o in gruppo – si intreccia con il ricorso alle fonti scritte, primarie e secondarie.
Vorrei puntare brevemente l’attenzione su tre contributi, e quindi su tre nodi tematici di rilievo, ben sapendo di fare torto agli altri. Il primo è quello di Gianni Alioti “sulle industrie metalmeccaniche cinesi a conduzione italiana”. il saggio di Alioti aggiunge qualcosa a quello che sappiamo della Cina. Sintetizza i risultati di una ricerca presentata al pubblico italiano nel 2011 dalla Fim-Cisl e dall’Istituto Sindacale di Cooperazione allo Sviluppo, e fornisce dati importanti sulla presenza italiana – Piaggio e Candy, in particolare – nella provincia cinese di Guangdong. Le interviste a lavoratori cinesi permettono di concludere che anche nelle aziende “italiane” non vengono rispettati “i princìpi degli standard internazionali del lavoro, né le linee guida dell’OCSE sulle imprese multinazionali”. Ma non si rimane nel generico: molte delle imprese studiate “garantiscono salari e welfare ben inferiori agli standard minimi, impongono eccessivi orari di lavoro, violano la libertà di associazione sindacale, di contrattazione collettiva, e persino le norme esistenti in materia di salute e sicurezza del lavoro”. Nello spiegare gli investimenti della Piaggio in Cina, Roberto Colaninno aveva detto: “Noi non abbiamo delocalizzato, siamo andati a produrre per mercati che non avremmo mai potuto raggiungere producendo in Italia o in Europa”. Va bene. Questa, diciamo, è la globalizzazione “buona”. E continuava: “La sfida è organizzativa, le imprese devono dotarsi di una cultura che consenta loro di affrontare un mercato globale”. Molto meno bene, naturalmente, visto che in tale “cultura” non si rispettano neppure le pur basse norme della legislazione locale. Infatti, i lavoratori Piaggio ricevono salari inferiori al minimo di legge e gli straordinari (obbligatori, non volontari come dovrebbero essere) non sono pagati secondo le norme e portano le ore di lavoro settimanale a più di 60. Alla Candy fanno lo stesso, con la settimana lavorativa che può anche essere di sette giorni su sette (invece che di sei su sette) con orario prolungato e straordinari sottopagati.
Il comando sulla manodopera nel post-fordismo della globalizzazione neoliberista, in Cina, assomiglia molto a quello del pre-fordismo. In quanto modello di organizzazione produttiva il fordismo non è sparito, coesiste ovunque con quanto è stato introdotto dagli anni del “toyotismo” a oggi. Il punto è che si intreccia sempre più – anche fuori della Cina – con i modelli di comando sociale dei tempi del pre-fordismo. All’affermarsi del modello produttivo e sociale fordista si era accompagnata una pratica di “compromesso”, come viene ricordato in “Futuro interrotto” (il saggio sulla Fiat di Melfi di Fulvia D’Aloisio), grazie al quale la presenza sindacale e la contrattazione erano riconosciute, produttività e salari crescevano sostanzialmente di pari passo, l’occupazione era stabile. I lavoratori di Melfi avevano creduto che la fabbrica avrebbe portato lavoro, salario, stabilità e benessere nella società lucana. Dopo poco più di dieci anni si sono ricreduti. Le loro esistenze sono segnate da incertezza del lavoro e precarietà, inasprimento delle condizioni di lavoro e infine una ricattabilità sociale che inevitabilmente favorisce la sottomissione.
Tra Basilicata e Puglia la distanza è poca, anche se Melfi è nata pochi anni fa come struttura di avanguardia, mentre l’Ilva è nata molti anni fa ed è invecchiata male. La ricerca etnografica su Melfi di cui questo lavoro è un esempio, si integra perfettamente con l’altra sulle aziende cinesi e sull’ultima a cui mi sembra necessario accennare, quella sull’ILVA e su Taranto. De Palma intreccia i frammenti della storia, diciamo così, istituzionale dello stabilimento con i racconti dei lavoratori riguardo al loro luogo di lavoro. Si parla degli impianti e delle lavorazioni. Della vigilanza interna, che doveva controllare l’insubordinazione emergente e che in qualche caso ha prodotto esasperazione: “All’acciaieria una sera hanno picchiato un fiduciario di Riva poi sono andati nello spogliatoio, si sono spogliati, hanno messo gli abiti civili e se ne sono andati a casa. Automaticamente si sono licenziati. Però lo hanno mandato all’ospedale”. Del rapporto con il quartiere Tamburi, contiguo allo stabilimento: “Quando Riva ha cominciato ad avere problemi con il Comitato di quartiere, perché di là poteva venire un pericolo vero, poteva avere anche quarant’anni chi presentava la domanda, ma se vedevano che era dei Tamburi, veniva assunto. Così tappava la bocca alla gente dei Tamburi”. Ma quando i danni alle persone e al quartiere hanno superato le soglie della tollerabilità, l’insieme di mobilitazione, ricerca e informazione, il rapporto “preferenziale” non è più bastato all’ILVA, come sappiamo, a garantirsi la pace sociale. Anche in questo caso, i due pezzi che nel “de Martino” entrano nel merito aggiungono qualcosa alla storia di oggi. E sia qui, sia, per esempio, nei saggi su Bagnoli, Cornigliano e la Richard Ginori – la storia ricostruita e la memoria raccontata aiutano a capire oggi quello che, bene o male, diventerà storia e memoria domani.

Il de Martino 22-23/13 – Mondo operaio, fabbriche, memoria del lavoro

Come acquistare la rivista

Il de Martino
Rivista dell’Istituto Ernesto de Martino
per la conoscenza critica e la presenza alternativa
del mondo popolare e proletario

N. 22-23, 2013; pgg. 240, € 15

Mondo operaio, fabbriche,
memoria del lavoro

L'Ilva di Taranto

a cura di
Cesare Bermani, Filippo Colombara,
Antonella De Palma

— Dalla quarta di copertina —

Le profonde trasformazioni economiche del paese hanno decretato la fine di un certo mondo operaio. Nell’arco di pochi decenni i lavoratori dell’industria sono passati da una fase di protagonismo sociale a una di emarginazione o di vera e propria sparizione.
Gli studi che pubblichiamo in questo numero della rivista riguardano vicende operaie in aziende e poli industriali situati in diverse aree della penisola: da Taranto a Bagnoli, a Melfi, alla Sardegna sud occidentale e, salendo a settentrione, dall’area fiorentina al Genovese, all’alto Piemonte, all’estremo nord-est. Alcuni di essi si occupano di fatti conosciuti al di fuori del perimetro localistico e assurti a livello nazionale. Tra questi le storie di Ilva, Fiat Melfi, Richard-Ginori e del bacino industriale del Sulcis.
Nella sezione internazionale, un’indagine sulle fabbriche cinesi a conduzione italiana affronta la questione dei diritti internazionali dei lavoratori, ignorati dalle nostre aziende che hanno delocalizzato la produzione all’estero.
I materiali utilizzati sono tratti da ricerche sul campo in parte ancora in corso. La documentazione principale è costituita da interviste a operai. Decine di storie che oltre a fornire notizie sulle vicissitudini aziendali, si soffermano sulle esperienze di vita e lavoro compiute in quest’ultimo mezzo secolo.

— Sommario —

  • L’argomento
    • Istituto Ernesto de Martino, Da operai a gente
  • Storia e storie
    • Antonella De Palma, Ilva: una storia di fusioni
    • Antonella De Palma, In nome del profitto. Taranto e la “sua” fabbrica
    • Maria Antonietta Selvaggio, Bagnoli: una difficile transizione
    • Jeff Quiligotti, La “gabbia d’oro”. La Cornigliano Italsider dall’entrata in produzione all’autunno caldo
    • Fulvia D’Aloisio, Futuro interrotto. Operai nel post-fordismo e nuova precarizzazione alla Fiat-Sata di Melfi
    • Gianna Bandini e Andrea Grifoni, Ottant’anni di Richard-Ginori. I lavoratori raccontano
    • Marco Puppini, Organizzazione nuova e problemi antichi. Il cantiere navale di Monfalcone dalla crisi degli anni Settanta alle navi da crociera
    • Francesco Bachis, Le scarpe, il mare, la miniera. Note sui conflitti nelle storie di vita di minatori della Sardegna sud occidentale
  • Internazionale
    • Gianni Alioti, Indagine sulle industrie metalmeccaniche cinesi a conduzione italiana
  • Cultura di base
    • Antonietta Podda, Storie e canti di protesta nella Sardegna sud occidentale tra passato e presente. Una ricerca in progress
    • Cesare Bermani, Laggiù a Villar Perosa, terra dei cuscinetti a sfere. Le canzoni di fabbrica
    • Filippo Colombara, Scherzi di classe. Burle e dileggi nelle fabbriche siderurgiche dell’alto Piemonte

Come acquistare la rivista